Spesso nei telegiornali sentiamo parlare dei derivati. E nella stragrande maggioranza dei casi ne sentiamo parlare male, perché ormai è opinione diffusa che furono proprio i derivati a scatenare la crisi finanziaria che si è prodotta a cavallo tra il 2007 e il 2008.
In quel dato periodo storico, infatti, i protagonisti della finanza internazionale utilizzarono i derivatives per scaricare sugli “altri” tutte le conseguenze negative della crisi: in pratica, imprese, famiglie ed enti pubblici, altrimenti detti “economia reale”, finirono con l’avere in proprio possesso dei titoli spazzatura che provocò loro ingenti perdite.
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Cosa sono i derivati
Ma cosa sono di preciso questi benedetti derivati? Il derivato è un contratto o un titolo il cui prezzo dipende dal valore di mercato di un altro strumento finanziario. Di uno strumento che nel settore si fa chiamare sottostante. Ciò significa che, a meno di particolari eccezioni, per ogni azione, obbligazione, indice finanziario, materia prima, coppia di valute e così via, esiste un rispettivo derivato (pensate che esistono persino dei derivati legati ai fenomeni meteorologici!).
Sul mercato ci sono diverse tipologie di derivatives, che variano in base a tutta una serie di fattori. In sintesi, i derivati più utilizzati al giorno d’oggi sono i futures, il forward rate agreement, gli swap e le opzioni binarie. E le opzioni binarie, a loro volta, sono il tipo di derivato senz’altro più popolare nel trading online.
Perché investire sui derivati?
Fatta chiarezza sul loro significato, a questo punto la domanda che ci si fa è un’altra: per quale ragione un investitore dovrebbe puntare i propri soldi sui derivati anziché farlo sul bene principale? Perché, in sostanza, investire sul derivato di un’azione anziché sull’azione stessa?
La risposta a questa domanda è fondamentalmente una sola: per proteggersi. I derivati, infatti, permettono di proteggersi dal rischio di perdite molto più di quanto non lo facciano i beni a cui si riferiscono. E poi danno la possibilità di fare speculazione, cioè di giocare (e guadagnare) con il cosiddetto effetto leva. In ultimo, ma non meno importante, questi contratti permettono di fare arbitraggio, ossia di acquistare laddove il prezzo è basso e rivendere laddove il prezzo è più alto, così da guadagnare una cifra pari alla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita.
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